La BCE all’acquisto del nuovo debito pubblico italiano. Analisi a cura di TeleTrade
In queste ultime settimane che chiudono l’anno in corso, non si fa altro che parlare dell’enorme fardello che dovrà sopportare l’economia italiana, nonché le generazioni future, per l’aggravarsi del debito pubblico necessario per far fronte a questo periodo di crisi e per combattere soprattutto la pandemia del Covid-19.
L’unica certezza da riscontrare, tra smentite e conferme tra virologi e governanti su come far fronte alla crisi ed alla pandemia, è che il prezzo da pagare giorno per giorno aumenta sempre di più comportando un ampliamento del buco dei conti dello Stato. In particolare, per alcuni Stati europei, come Francia, Spagna e Italia, prima della pandemia avevano problemi strutturali con i loro bilanci; è per tali conseguenze pregresse, risulta inevitabile che per questi paesi le nuove ed ingenti spese per il rilancio delle loro economie finiranno indiscutibilmente per sommarsi al già enorme debito pubblico nazionale. A tal riguardo, la pandemia ha proiettato i paesi europei, ma soprattutto i paesi che già avevano buchi di bilancio pregressi, fuori dai sentieri macroeconomici convenzionali, abbandonando il pareggio di bilancio, patto di stabilità e crescita per poter far fronte all’emergenza pandemica con elevati deficit.
In pratica, il deficit e il debito straordinario, che stanno vivendo i paesi europei, e in primis l’Italia, non è solamente da attribuire al lassismo da parte dei governi dei vari Stati.
Questo sta inducendo molti economisti ad identificare e ragionare su vie d’uscita dalla crisi non convenzionali, pensando ad una maggiore presenza in questo scenario della BCE come attore protagonista, conferma TeleTrade.
In realtà, se torniamo indietro di qualche anno, la BCE ha già indirizzato il proprio percorso di politiche monetarie di stampo “non convenzionale”, soprattutto con il Quantitative easing (Qe) poi implementato negli ultimi mesi con il Programma di acquisti per l’emergenza pandemica (Pepp); acquistando titoli di debito pubblico sul mercato secondario mantenendo bassi i tassi di interesse e il costo del debito su nuove emissioni e in seguito, restituendo alle banche centrali nazionali gli interessi percepiti sui titoli acquistati. Con questa soluzione, la porzione di debito sarebbe come cancellata, soprattutto se l’interesse della BCE fosse permanente e non temporaneo. Grazie a questi programmi di natura “non convenzionale”, la BCE detiene una quota molto rilevante del debito pubblico dei vari paesi membri dell’Eurozona; per l’Italia si calcola un 20% del Pil entro fine del 2020.
Nel corso degli ultimi anni, diversi economisti hanno formulato diverse proposte al board della BCE per nuovi piani di aiuto con stimoli monetari soprattutto per i paesi del Sud Europa maggiormente in difficoltà; ma alla fine dopo diverse proposte e all’operato “non convenzionale” della BCE, si è giunti alla domada: sarebbe giusto che la BCE condonasse il debito dei vari paesi causato dalla pandemia e non sarebbe possibile, più in generale, cancellare porzioni di debito pubblico degli Stati dell’Eurozona? La risposta potrebbe essere “Si”, ma rispettando alcune condizioni.
Prima di tutto, bisogna evitare il rinascere dei rischi dell’inflazione; seppure quello che stiamo affrontando negli ultimi mesi è l’esatto contrario, ovvero il mancato raggiungimento degli obiettivi di inflazione fissato più volte dalla BCE al 2% ha portato con sé il rischio di spirali deflazionistiche il che farebbero aumentare il valore reale del debito e avrebbero effetti depressivi sulla domanda e sui consumi. Nella proposta di condonare da parte della BCE la parte di debito pubblico venutasi a creare durante la pandemia, la banca centrale già detiene un bel po’ di titoli pubblici dei Paesi membri, non facendo altro che cancellare un attivo del suo bilancio la quale si impegna a coprire con le future entrate dei redditi che derivano dall’emissione di moneta (c.d. signoraggio).
Se ciò innescasse politiche economiche più espansive nei confronti degli Stati membri potrebbe verificarsi un fenomeno di espansione monetaria, ma nulla impedirebbe di controllare l’inflazione in un secondo momento con politiche fiscali e monetarie successive.
Un altro problema riguarda i rapporti tra gli Stati e il rischio che queste politiche monetarie e fiscali vengano utilizzate come un allentamento della disciplina verso i Paesi meno virtuosi; ma le circostanze provocate dalla pandemia hanno portato a superare questa impostazione anche grazie all’utilizzo del “Next Generation EU”, ovvero un piano di rilancio da parte della Commissione europea di 750 miliardi di euro, il quale consiste sostanzialmente in un bilancio complementare che va ad aggiungersi al bilancio comunitario 2021-2027 da 1.100 miliardi; in pratica una raccolta di risorse da distribuire agli Stati membri in proporzione dei danni generati dalla pandemia; ma come ben sappiamo tale distribuzione è stata accettata a malincuore da alcuni Stati.
Una terza osservazione, prende come riferimento il famoso principio che il debito è considerato un meccanismo di disciplina; in pratica degli interventi da parte della BCE, come spiegati in precedenza, potrebbero essere considerati come una sorte di liberazione da parte dei governi nazionali di non prendere sul serio i loro debiti, in quanto in qualsiasi momento c’è sempre la BCE a finanziarie qualsiasi loro spesa. Ovviamente, il meccanismo che disciplina il tutto non funziona cosi; il condono del debito scaturisce da circostanze eccezionali ed a esso sarebbe circoscritto. Inoltre, bisogna tener presente che seppure ci siano dei momenti in cui la BCE vada a finanziarie parte della spesa dei governi periferici, la BCE e le istituzioni comunitarie manterrebbero la volontà e governance separate e sarebbero pronte a virare verso politiche restrittive in caso di rischio di inflazione, conclude l’analista di TeleTrade.
Rimanendo nello Stivale, il problema urgente da affrontare nell’immediatezza post Covid sarà la gestione del debito pubblico, dal momento che il rapporto debito/Pil raggiungerà un valore alto; a tal riguardo riprendiamo un articolo dell’ex Governatore della BCE, Mario Draghi, apparso sul Financial Times il 25 marzo scorso, dal titolo «Stiamo affrontando una guerra contro il coronavirus e dobbiamo mobilitarci di conseguenza», ha indicato la necessità di una linea finanziaria espansiva per affrontare il dissesto economico provocato dalla pandemia.
In poche parole ha affermato che:
- La pandemia deve essere considerata come una guerra, e come ogni guerra occorrono misure straordinarie;
- Tali misure devono essere a carico dello Stato, che deve spendere per sostenere il reddito dei lavoratori e la possibilità di ripresa delle aziende;
- Per fare questo, lo Stato non si deve assolutamente preoccupare dell’innalzamento del debito pubblico;
- Il costo dell’esitazione potrebbe essere fatale.