Che cosa cambia per il Made in Italy ai tempi dell’epidemia
In Italia non si parla d’altro, ma erroneamente si creano paure eccessive e problematiche di grande peso rispetto all’economia nazionale. Alcune regioni del Nord sono state fermate per prevenzione e per limitare il numero di contagi. E di tutto risposta, il resto del Paese di è bloccato, chiuso in casa. Qual’è l’impatto della paura, dell’allarmismo generale sul coronavirus rispetto al Made in Italy?
E’ chiaro che in una prima fase secondo gli osservatori si è creato un duro arresto a due settori particolari, che sono quello del turismo e anche del lusso. Inutile negare che siano proprio questi i più esposti. Diverse prenotazioni alberghiere sono state cancellate, rinviate, mentre molti giornalisti e personaggi televisivi invitano gli italiani a non isolarsi, a uscire e continuare a vivere una vita normale.
Quali settori del Made in Italy sono in fase di pausa
Sono Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna le regioni che al momento si trovano a fare maggiormente i conti con l’epidemia mondiale. E’ particolare notare anche che sempre loro sono le realtà che contribuiscono al 40% al PIL d’Italia. E se loro rappresentano quasi il 50% per nostro export, è facile pensare che si stia presentando un momento di stop forzato che non aiuterà.
Quasi tutte le manifestazioni pubbliche sono state sospese, per non parlare poi degli eventi e congressi, come il Salone del Mobile, che si dal 16 al 21 giugno e non più ad aprile. Discorso analogo per la Fiera del Libro per ragazzi e il Cosmoprof, ma questi sono solo alcuni appuntamenti che hanno richiesto un rinvio. Per ora restano confermate Cibus e il Vinitaly.
Mettiamoci poi il grande vuoto causato dal popolo asiatico che è solito viaggiare in Italia (ma anche nel mondo) durante il Capodanno lunare. E la loro assenza ha un grande peso in termini di vendite per il settore lusso, dove il 35% degli acquisti è fatto da cinesi.
No alle speculazioni dei prodotti italiani
Coldiretti ha recentemente mostrato che solo a gennaio 2020 le esportazioni dei nostri prodotti in Cina sono crollate quasi del 12%. E questo porta ad aumentare i controlli sul settore agroalimentare: il coronavirus potrebbe portare alla speculazione sui beni italiani. Bisogna quindi evitare che si verifichi una crescente sindrome da plagio.
Per la Cgia è fondamentale ridare credito alla Pubblica amministrazione, e trovare misure urgenti per tutte le attività e per sostenere i contribuenti che risiedono nei Comuni della zona rossa. Bisognerà quindi lavorare per dare una risposta alla nostra economia a livello nazionale, ma senza allarmismi, perché in casi di difficoltà non serve ulteriore preoccupazione, ma soluzioni.