Salutiamo 1 e 2 centesimi: è tempo di arrotondamenti nei negozi
Dopo mesi di chiacchiericcio, abbandonano il campo le monetine da 1 e 2 centesimi di euro. A partire dal primo gennaio non vengono più coniati questi tagli, anche se in Italia continuano a circolarne tantissimi.
Secondo la stima fatta, il valore di monetine presenti sul territorio nazionale è pari a 7 miliardi di euro. Un dato che va ad allietare i collezionisti, pronti a mettersi alla ricerca di monete più rare, che sono anche preziose.
Con questo addio, vi sarà un lieve risparmio sulle casse pubbliche, mentre non si verificheranno effetti sull’inflazione. Ma ovviamente i consumatori dovranno fare i conti con gli arrotondamenti nei negozi.
Arrotondamenti attesi anche ai supermercati senza 1 e 2 centesimi
Il saluto ai cent rende più comoda la vita dei consumatori. L’arrotondamento viene effettuato per i pagamenti in contanti, con l’importo corretto al multiplo di 5 con valore più basso. Ciò significa che se la tua spesa è pari a 40,12 euro, il costo finale da versare sarà di 40,10 €. Come è stato spesso spiegato negli ultimi mesi, i centesimi non sono mai stati considerati come un mezzo di pagamento.
Il motivo è presto svelato! Sono da sempre considerati come una moneta estremamente scomoda, che pesa e provoca ingombro nelle tasche degli italiani. Già dalla fine della scorsa stagione estiva, molti supermercati hanno applicato la politica dell’arrotondamento, così da sostenere gli acquisti dei consumatori.
E’ però importante dire che, se un costo viene pagato con carta di credito, bancomat o altre carte simili, questo tipo di regola non avrà valenza. Il pagamento elettronico, infatti, non comprende alcuna tipologia di arrotondamento.
Si tiene sotto controllo il livello di inflazione
Il tema si scalda nel momento in cui si chiama in causa l’incubo inflazione. Alcune associazioni dei consumatori avevano già parlato del rischio legato all’aumento dell’inflazione. Ma sono timori che fino ad ora non hanno trovato ancora un reale fondamento. Per il momento, in base ai dati Istat, l’indice dei prezzi medi sui beni di largo consumo, è salito dell’1,2%.
Resta solo da attendere che vengano rilevate eventuali nuove variazioni. E’ certo però che, con questa scelta, anche l’Italia seguirà la scia di molti Paesi europei.
In Irlanda tale scelta è stata presa nel 2015, in Belgio nel 2014, mentre nei Paesi Bassi dal 2004. In Finlandia invece vige la regola di correggere il prezzo sin dall’introduzione dell’euro.